La profondità del fluido. Miriam Montani
Kevin McManus
Occhio e sguardo sono legati, fin da Aristotele, in una complessità primigenia entro la quale le attività dello spirito e i meccanismi del corpo sono non solo inscindibili, ma talvolta indistinguibili nel loro stesso manifestarsi. Tra la visione e lo sguardo intercorre infatti uno spazio articolato, un tessuto connettivo fatto di due fibre che si intrecciano, l’una presupposto dell’altra: c’è prima il vedere o il guardare? Solo vedendo si può guardare – nel senso stretto del termine – ma solo guardando, in fin dei conti, si può vedere veramente. L’occhio si colloca all’inizio di questo intreccio, di cui è presupposto biologico, ma anche alla fine, quando lo sguardo trova conferma nella visione vera. Insisto sulla “verità”, perché è nello sguardo dell’arte – e verso l’arte – che essa diventa una qualifica necessaria. Non si parla naturalmente della verità teoretica, storica o scientifica; è la verità intesa come compimento effettivo e certificato di un processo: l’artista deve vedere (e far vedere) per davvero. Nell’opera d’arte, quindi, l’occhio è oggetto di cura sia nella sua natura letterale, di organo della vista, sia in quella metaforica di scandaglio concettuale e spirituale. Leggi Tutto
2 Novembre 2021