Ci sono almeno due modi di rapportarsi con lo spazio. Lo si può usare, trattare come un vuoto funzionale alle nostre esigenze di movimento, accumulo, interazione; oppure si può contemplarlo, renderlo oggetto di un’esperienza estetica e non utilitaristica. Lo stesso discorso si potrebbe fare di numerose componenti della nostra quotidianità, come ad esempio il cibo; e tuttavia, in quel caso, il godimento della fruizione fine a sé stessa è fin troppo evidente, disponibile a chiunque. Per creare un’estetica dello spazio, invece, ci vuole un artista. Intendo “spazio” nel suo senso più letterale, al di qua di qualsiasi caratterizzazione di luogo, che spesso comporta già una bellezza (o una bruttezza) di partenza: spazio, quindi, come pura distanza tra ostacoli, come entità penetrabile e percorribile, come superficie e volume. Il lavoro di Cesare Galluzzo interpella innanzitutto questo spazio….Leggi Tutto
Cesare Galluzzo è nato a Milano, dove vive e lavora, nel 1987. Segue i corsi in Architettura Ambientale al Politecnico di Milano. La sua ricerca artistica, ispirata principalmente dalla lettura, dalla musica e più profondamente dal tema del viaggio, si fonda sull’azione astrattiva dei concetti e della realtà, riducendo le immagini, in primo luogo mentali, ad un grado zero e privandole del loro aspetto più fisico, fino al tentativo di raggiungere una sfera più intima ed emotiva. In questo operare, presenta la struttura delle cose che nel corso del suo indagare, diventa via via incerta. Il tentativo dell’annullamento del peso dai corpi, quindi dei suoi effetti, collima con i principi della scultura stessa, trasformando lo spazio fisico in spazio simbolico.
29 Giugno 2018