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Valentina Palazzari. Chiedi alla ruggine 

L’impatto che Valentina Palazzari ha avuto entrando negli spazi di Leonesia – Fondazione Vittorio Leonesio è stato molto ispirante: tanto la sua ricerca e pratica artistica quanto la storia e la stratificazione della materia architettonica nella Fondazione offrono domande sul concetto di tempo e sul suo scorrere tra le cose e lo spazio. Così, il progetto di Palazzari ha voluto, al piano terra, mostrare tele lavorate pittoricamente con la ruggine, la quale assedia e cresce costantemente sul supporto dopo un lungo processo di trasformazione e di sedimentazione dei materiali, diretto e guidato dall’artista stessa. 

Al primo piano, un’installazione site-specific di dimensioni ambientali vede intrecciati a formare un arabesco del tempo grandi cavi elettrici industriali di colore nero, declinati anche in linguaggio: HUMAN INTELLIGENCE. Il lavoro di Palazzari, spesso allusivo e mai risolto nel suo messaggio, vuole piuttosto portare lo spettatore in una dimensione di stupore e contemplazione, facendogli scoprire i piccoli grandi misteri che si celano dietro oggetti e materie quotidiani e industriali, in contrasto e allo stesso tempo in armonia con la stalla in cui sono esposti.

Biografia

La ricerca di Valentina Palazzari (Terni, 1975) approfondisce i concetti di memoria, spazio e tempo per rivelare una realtà transitoria e in continuo mutamento, muovendosi liberamente tra i linguaggi della scultura, della pittura, dell’installazione e del video. L’artista realizza grandi installazioni concepite per specifici contesti con i quali stabilisce un efficace approccio dialogico a partire da un’indagine sulle proprietà fisiche e le qualità estetiche dei diversi materiali utilizzati (reti elettro-saldate, plastiche da cantiere, cavi elettrici e materiali organici), focalizzandosi sui processi naturali di ossidazione, di decomposizione e di trasformazione in relazione agli agenti esterni e al trascorrere del tempo. Nelle sue opere su tela e plastica, Palazzari agisce con la ruggine ottenuta sollecitando l’ossidazione dei tondini di ferro da cantiere per contatto diretto, verificandone la reazione e gli effetti in immagini dagli sviluppi imprevedibili e di sensibile quanto drammatico lirismo pittorico, in cui i depositi della materia, i segni e le bruciature sono traccia di un processo “alchemico” e di un mutamento in atto. 

Tra i suoi progetti e le sue mostre: nel 2023 APPROACH #2, MLZ Art Dep, Trieste; nel 2022 Béance. materia e immagine del desiderio, Fondazione L’Arsenale, Iseo, La fonte dell’opera, Consorzio La Giaconta, Roma, L’origine del mondo, Banca Profilo, Roma, e Chiantissimo. II Paesaggio culturale, Semifonte, Barberino Tavernelle; nel 2021 Arteporto, Porti Imperiali di Claudio e Traiano, Roma, Arte jeans, Museo del Metelino, Genova, BLOKS, Real Albergo delle Povere, Palermo, e Klepsydra, Castello Aragonese di Ischia; nel 2020 Mirandola, galleria a cielo aperto, Mirandola, Ruggini, Galleria Il Frantoio, Capalbio, e Vedere lontano 1, Fondazione Luca e Katia Tomassini, Orvieto; nel 2019 #percezioni 2, Fondazione Volume!, Roma, Si sta come d’autunno, SMMAVE Centro per l’Arte Contemporanea, Chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini, Napoli, e Affuoco, Chiostro di San Francesco, Acquapendente; nel 2018 OPUS, M.A.r.S., Milano, e Passaggi di Stato, Reggia di Caserta; nel 2017 Made in Forte, Forte dei Marmi, e Pirouette, Chiesa di Santa Rita in Campitelli, Roma; nel 2015 Il muro dei muri, Todi Festival, Piazza del Popolo, Todi. 

Sue opere pubbliche si trovano a Follonica presso il Museo MAGMA e a Frasso Telesino. Nel 2017 realizza un lavoro permanente per il foyer del Teatro OFF/OFF, in Via Giulia a Roma. Nel 2020 una sua grande opera su plastica entra a far parte della collezione del contemporaneo della Reggia di Caserta.

I suoi video Castore e Polluce (2019) e Selfportrait, nero di china (2020) sono stati selezionati dal Miami New Media Festival per il DORCAM Museum, Miami.