Meta-Morphosis 2.0 Erminando Aliaj
La metamorfosi implica un cambiamento, una tensione verso il futuro, racchiude in sé il concetto di tempo poiché senza il tempo la metamorfosi non può trovare il suo compimento. La trasformazione è una condizione imprescindibile dell’essere umano, è l’elemento strutturante del lavoro fotografico Meta-Morphosis 2.0 realizzato da Erminando Aliaj. La sua ricerca, dal punto di vista professionale e artistico, pone l’attenzione sull’uomo come entità in grado di narrare delle storie; l’individuo, oggetto delle sue immagini, si rivela soggetto generoso che consegna allo spettatore una parte della propria interiorità.
I protagonisti di queste fotografie sono i ballerini e coreografi inglesi Travis S C-Kinight e James Pett che, dopo una formazione classica e contemporanea, hanno danzato per la prestigiosa compagnia inglese Wayne Mc Gregor. Nel 2019 iniziano un nuovo capitolo della loro vita portando avanti un percorso professionale e una ricerca autonoma all’interno della quale nasce la collaborazione con lo studio Moonwalk.
I corpi, modellati attraverso l’esercizio della danza, creano un immediato rimando alla perfezione classica. L’armonia si trasforma in tensione attraverso la contrazione dei muscoli e dei tendini; emerge l’incontro-scontro tra i protagonisti ma anche tra due linguaggi, quello della danza e quello della fotografia, che hanno un rapporto antitetico nei confronti del tempo. Una, la danza, è la manifestazione del qui e ora attraverso uno sviluppo lineare della dimensione temporale, mentre la fotografia congela un istante e lo rende immortale. Queste immagini vogliono raccontare la complessità delle relazioni umane, il contatto fisico ma anche emotivo che genera empatia e conflitto, fusione e distacco. I corpi si fondono e creano nuove figure che richiedono allo spettatore un tempo di lettura per comprendere come quell’insieme di arti si componga nello spazio e se ciò che appare sia il risultato di una lotta o di un atto d’amore.
Questo scatti, suddivisi in cinque capitoli, sono accomunati della volontà di svelare la realtà che si cela dietro la forma.
La serie dedicata agli intrecci mette in evidenza come, attraverso il contatto e l’unione dei corpi, si generino nuove forme che richiamano il profilo degli insetti o creature mitologiche. Sono immagini che non manifestano immediatamente all’osservatore la propria struttura.
L’affinità e il contrasto tra i protagonisti sono gli elementi che generano la forma. In questi scatti possiamo ritrovare le molte dimensioni di una relazione passando dall’intimità al conflitto. L’estetica dell’immagine nasce dalla consapevolezza che i danzatori hanno del proprio corpo, dal rigore con cui riescono a gestire il movimento fin nei più piccoli dettagli. Lo sfondo viene annullato per catalizzare l’attenzione sui due soggetti, l’intento è quello di raccontare l’evoluzione di un rapporto. Il progetto inizia da una condizione di stasi dove i due protagonisti sono immobili e l’unico elemento vitale è il respiro. Successivamente si fa strada la ricerca di un contatto, i corpi sì toccano, reagiscono, il movimento sì fa sempre più intenso fino a che i corpi sì fondono l’uno nell’altro.
Nella sezione che ha come oggetto un corpo su piedestallo la figura dell’uomo viene elevata a opera d’arte, la nudità non è esplicitata e i contrasti chiaroscurali sono l’elemento caratterizzante. Le zone in ombra negano la compiutezza della forma creando una sospensione della lettura aprendo possibili campi d’interpretazione.
Negli scatti in rosso c’è la volontà di ridare un nuovo significato a questo colore. Il rosso diventa il simbolo della nascita, quando l’uomo viene al mondo lo fa ricoperto di sangue.
Il trittico dei mossi ci presenta come nella coppia in alcuni casi la relazione venga vissuta in modo diverso dai suoi componenti. Questo disequilibrio si traduce in una diversa definizione della forma.
I ritratti vogliono raccontare la complessità dell’uomo come sommatoria di una dimensione fisica e una spirituale.
Tutte le immagini presenti in mostra sono il frutto di un’attesa, l’evoluzione di un movimento che si cristallizza in una posa che racchiude in sé valori estetici ed espressivi che il fotografo isola attraverso il dispositivo fotografico.