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JASPAL BIRDI, O DEL GUARDARE SENZA VEDERE (del tutto)

Il titolo di questa personale di Jaspal Birdi fa riferimento a un concetto ricorrente nella letteratura, e menzionato, tra gli altri, da Zygmunt Bauman e da Papa Francesco. Il rapporto peculiare tra vedere e guardare – o tra visione e sguardo – è indagato ampiamente dalla psicologia, dalla sociologia e dai visual studies, e affascina per la sua struttura circolare: da un lato il vedere precede il guardare, è il suo presupposto, quello di una percezione distinta seguita da un atto consapevole di concentrazione e di individuazione. Il guardare, tuttavia, è a sua volta seguito dal vedere, inteso questa volta come un “vedere veramente”, un “cogliere”. Lo sguardo è quindi il fattore necessario per passare da una visione passiva e puramente fisiologica e una visione consapevole e rivelatrice.

C’è un lavoro in mostra, 11h04m (2020), che esemplifica perfettamente questo rapporto. Un’immagine evanescente, fatta di segni pittorici, è interrotta da una sezione circolare a specchio. Sul retro, la stessa struttura è ripetuta al rovescio, con uno specchio, corrispondente alla dimensione della cornice dell’opera, e l’immagine riflessa interrotta dal cerchio, nel quale appare lo “scarto” della parte frontale. Quello che, così descritto, potrebbe sembrare un gioco, ci porta in realtà nel cuore della questione dell’immagine: non solo, infatti, quest’ultima risulta incompleta, frustrata (per di più, proprio quando sembrerebbe assumere i caratteri attraenti e rassicuranti del pittoricismo), ma gli elementi di disturbo portano il nostro sguardo altrove. Lo specchio rispedisce lo sguardo al mittente, trasforma il soggetto guardante in oggetto guardato; e tuttavia il particolare posizionamento dell’opera, disallineata rispetto alla normale altezza dell’occhio, ostacola anche questo ulteriore gioco di riflessi, facendo sì che ad apparire nello specchio sia perlopiù la base stessa su cui la cornice è collocata, e creando così un’efficace ambiguità percettiva tra riflessione e sfondamento. Più, insomma, l’attenzione si concentra sul guardare, più cogliamo l’impossibilità di un vedere che non sia un continuo rispecchiamento, e forse proprio l’accettazione di questo circolo vizioso è la chiave per un sguardo consapevole. Lo stesso effetto è riprodotto su scala ambientale e, per così dire, idilliaca, nell’installazione Blind Spots, nella quale venti piccoli specchietti circolari sono disseminati tra gli alberi all’esterno della Fondazione, creando “punti ciechi” che sono in realtà punti di rispecchiamento e di reiterazione dello spazio.

Questa idea di uno sguardo che produce una “quasi-visione” trova ulteriore applicazione negli altri lavori esposti, che a loro volta potremmo definire “quasi-immagini”, prese come sono tra la trasparenza dell’icona e l’ingombrante presenza fisica del supporto. Nell’arte degli ultimi decenni, e degli ultimi anni in particolare, si fanno sempre più frequenti i casi in cui il supporto materiale passa da una funzione puramente connotativa ad una più chiaramente denotativa, con la scelta di materiali o addirittura oggetti già di per sé significanti, dotati di una storia e talvolta di un’iconografia propria; è il caso delle coperte termiche usate da Jaspal Birdi in numerosi lavori qui presentati. La coperta instaura un rapporto problematico con il supporto classico della pittura, la tela, di cui mantiene alcune caratteristiche funzionali, ma di cui nega l’opacità, la passiva adattabilità all’intervento creativo. Se questo è vero per tutti i soggetti rappresentati, in alcune opere (11h02m, 13h04m, 17h23m), la scelta iconografica fa a sua volta riferimento alla “vita precedente” della coperta: quanti cieli si sono visti riflessi in questo oggetto mentre svolgeva la sua funzione di soccorso, protezione e accudimento? Quanti sguardi si sono concentrati su quei cieli che rappresentavano una speranza, o una preghiera che la coperta stessa contribuiva a far sembrare realizzabile? Proprio il desiderio di partire da un’impronta del reale – e di un reale già carico di storia e di pregnanza simbolica – sta alla base della scelta del transfer fotografico come procedimento di realizzazione dell’immagine, come se la coperta fosse in grado di catturare il cielo e trasformarlo in un’icona perenne: un passaggio verso il quadro, legittimato dalla tipicità dell’iconografia e suggellato dagli interventi pittorici dell’artista, che però non avviene in modo trasparente e definitivo. La tridimensionalità del supporto, quelle pieghe che – durante la sua vita di oggetto d’uso – ne certificavano la funzione, le spaccature che si creano nella superficie dipinta e che lasciano intravedere la pelle dorata e lucida del materiale; tutto fa sì che il viaggio dalla dimensione materiale, quotidiana, a quella iconica sia in realtà un avanti-indietro continuo. È la discontinuità a trasporre l’immagine in un orizzonte poetico, nel quale le spaccature ci appaiono come le fughe tra i mattoni che costituiscono l’esperienza iconica, o meglio ancora come le ferite d’oro del kintsugi: l’immagine – o appunto, la «quasi immagine» diventa l’oggetto del nostro sguardo, ma il nostro vedere procede incerto tra le sue parti, e tra di esse e la superficie. Guardare, senza mai vedere del tutto.

Kevin McManus

Biografia

Jaspal Birdi nasce a Toronto, Canada nel 1988. Dopo aver completato il suo BFA in disegno e pittura presso l’OCAD University nel 2010, lavora come scenografa per il Rose Theatre di Brampton e partecipa a uno stage museale presso la Peggy Guggenheim Collection a Venezia. Dal 2012 al 2013 frequenta un Master in Arts Management presso lo IED (Venezia, Roma, Firenze). Nel 2013 riceve il Premio Arte Laguna per una mostra personale a Zaion Gallery, Biella. Nel 2017 viene selezionata per il programma di residenza per artisti presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, dove riceve il Premio BLM Stonefly Walking With Art con la sua installazione Let’s Play House esposta presso DOCVA Viafarini Milano nel 2018. I lavori dell’artista ottengono vari riconoscimenti, arrivando come finalisti per il Premio Ducato 2019 e per il Premio Fondazione Francesco Fabbri 2018, 2019 e 2020. Nel 2020 viene selezionata per la residenza per artisti emergenti della RBC Foundation presso il Robert McLaughlin Gallery in Canada, dove presenta la mostra personale Can I Play Outside? nel 2021. Nel 2022 ha esposto Eyes Looking Without Seeing, una mostra personale presso la Women’s Art Association of Canada a Toronto. Attualmente, per il Capture Photography Festival 2023 a Vancouver, British Columbia, l’opera d’arte pubblica 11h02m di Jaspal Birdi è visibile alla Canada Line Lansdowne Station, presentata dalla Richmond Art Gallery.